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Permessi per chiudere un balcone

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L’attività edilizia, dalla realizzazione di un immobile alla modifica di minime parti, è soggetta a rigide discipline che salvaguardano la sicurezza pubblica e impediscono la proliferazione di immobili e strutture affini, tutelando altresì il decoro dei luoghi e del paesaggio. Servono quindi anche dei permessi per chiudere un balcone.

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Permessi per costruire un balcone: a quali leggi fare riferimento

La disciplina della materia edilizia è inclusa nel D.P.R. 06/06/2001 n. 380, ovvero Testo Unico dell’edilizia, che include le norme che la regolano, dai titoli abilitativi alle sanzioni in caso di violazione.

Ci sono anche norme più restrittive che riguardano zone che per la loro importanza paesaggistica ed ambientale sono sottoposte a vincoli specifici: il D. L.vo 22/01/2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), al Titolo II, indica le conseguenze penali in caso di realizzazione di opere in assenza o violazione del prescritto parere paesaggistico, rilasciato proprio al fine di impedire che l’attività edilizia arrechi un danno al paesaggio o affinché l’impatto ambientale sia minimo.

Non è sempre facile però capire quali interventi si possono effettuare con il permesso di costruire (quello che un tempo era la “concessione edilizia”), quali possono invece effettuarsi previa D.I.A. (Denuncia di Inizio di Attività) e quali ancora con S.C.I.A. (Segnalazione Certificata di Inizio delle Attività).

Permessi per costruire un balcone, quali sono?

Il D.P.R. 06/06/2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) elenca compiutamente le opere che richiedono il permesso di costruire e quelle che invece possono essere realizzate mediante D.I.A.

Quelle che di permesso di costruire, sono:

  • interventi di nuova costruzione (art. 10, comma 1 lett. A);
  • interventi di ristrutturazione urbanistica (lett.B);
  • interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente (lett. C).

Potranno invece essere realizzate successivamente alla presentazione della sola D.I.A.:

  • le varianti che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano e alterano l’edificio ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni (art. 22, comma 2);
  • gli interventi di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica disciplinati da piani attuativi comunque denominati (art. 22, comma 3 lett.B);
  • gli interventi di nuova costruzione in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche (art. 22, comma 3 lett.C);

La S.C.I.A. e l’edilizia libera. Tra queste opere, infine, ve ne sono alcune che possono essere effettuate successivamente alla presentazione della S.C.I.A. (che differisce dalla D.I.A. per l’immediata realizzabilità dei lavori dopo al sua presentazione: presentata la D.I.A., invece, bisogna attendere 30 giorni perché il Comune formuli eventuali osservazioni o richieste di chiarimenti): possono effettuarsi con S.C.I.A., tra gli altri, gli interventi di restauro e messa in sicurezza degli immobili e le semplici modifiche prospettiche (come l’apertura di nuove finestre).

La chiusura di un balcone

La chiusura di spazi aperti, quali i balconi sfruttati per creare ulteriori stanze, alla luce di quanto indicato dall’art. 10 comma 1 lett. 1 del D.P.R. 380/2001, comportando sia un mutamento del prospetto che del volume di un immobile, necessita del permesso di costruire (Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 35011/2007).

Una precisazione: ciò che determina se la chiusura di un balcone debba essere autorizzata dal permesso di costruire è la sua precarietà o meno. Se la veranda è realizzata con materiale e tecniche che non ne consentano la facile rimozione potrà essere legittimamente realizzata solo previo permesso degli enti locali.

Se invece la chiusura è stata realizzata con strutture precarie agevolmente asportabili, le opere non necessitano di alcuna autorizzazione.

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Pillole di curiosità –  Io non lo sapevo e tu?

  • Secondo la Cassazione la “veranda è da considerarsi un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire esigenze temporanee e contingenti con la successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile” (Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 1483 del 15/01/2014).

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