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Paestum affesco tomba greca

Un viaggio alla scoperta del cibo: l’antica Grecia

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Alberto Zanichelli, enogastronomo, ci accompagna in un affascinante viaggio  attraverso la storia e miti del cibo, partendo dalle origini: la Grecia antica

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“È buono anche il pane dopo il pane” (Ἀγαθὴ καὶ μᾶζα μετ’ἄρτον) declamava il paremiografo greco Zenobio, facendo intendere quanto fosse buona anche una seconda porzione dopo la prima.

Da questa considerazione partiamo, per comprendere come la cucina greca antica fosse caratterizzata da una estrema  frugalità, poggiata su un’economia legata a una agricoltura povera, fondata sulla “triade mediterranea” frumento, olio d’oliva e vino. L’importanza di questi tre elementi va al di là del semplice fatto alimentare: lo storico Plutarco racconta che gli ateniesi, arrivati all’età adulta, giuravano fedeltà alla patria, definita come la terra in cui crescono grano, olive e vino.

Questi tre ingredienti coprivano comunque il fabbisogno degli ellenici riguardo a calorie, proteine e grassi. Anche l’orzo era molto usato e proprio da questo cereale deriva quello che poi diventerà il piatto tipico della Grecia antica: la Maza.

Si trattava di una focaccia a base di farina d’orzo o altri cereali, addizionata con acqua, miele o latte. Poteva essere consumata fresca nella forma di una pappina simile alla polenta, oppure essiccata, prendendo la forma di una galletta. In questo caso si poteva usare anche come piatto di portata.

La dieta suggerita dal famoso medico Ippocrate, comprendeva, oltre alla maza, anche il kykeon, una bevanda anche questa a base di orzo con aggiunta di acqua ed erbe aromatiche, considerata sacra e utilizzata nei rituali dedicati al culto di Demetra e Persefone. Il pane era fatto con farine di svariati tipi di cerali e cotto in forni di argilla. Come adesso, anche allora esistevano i pani di farina bianca e integrale, così come lievitati, con un lievito di vino, o azzimi.

In alternativa al pane si potevano trovare vari tipi di focacce a volte miscelate con formaggio o miele. Quest’ultimo era il dolcificante per eccellenza e la sua raccolta era codificata da precise leggi.

Le verdure fresche solo alle classi più ricche

Le verdure venivano servite come condimento ai cereali. Sulle tavole degli antichi greci si potevano trovare cavoli, cipolle, lenticchie, fave, piselli, ceci, solo per elencarne alcuni. Le verdure non venivano però consumate fresche, come facciamo noi oggi. Dato che erano considerate dei condimenti, venivano bollite o consumate in forma di zuppa o di purè, con aggiunta di olio, aceto, erbe aromatiche e garon, che era una salsa a base di pesce.

insalata greca
Foto di Lukas Bieri da Pixabay

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Esistevano inoltre delle preferenze all’interno delle classi sociali, riguardo il consumo di verdura. Per esempio, dato che la verdura fresca era molto costosa, questa era riservata alle classi più ricche, mentre i più poveri mangiavano legumi secchi. Il pasto dei lavoratori era costituito soprattutto da zuppa di lenticchie, mentre ai soldati venivano somministrate in modo particolare le cipolle, al punto che pare che gli stessi soldati si portassero in giro questo odore. Quanto alla frutta, i Greci erano soliti mangiarla fresca; come antipasto si offrivano olive, mentre fichi, uva e melograno, si consumavano a fine pasto.

La carne: alimento per i più facoltosi

Il consumo di carne era direttamente proporzionale alle possibilità economiche. Solo i grandi proprietari terrieri potevano permettersi animali d’allevamento, come capre, pecore e maiali. A proposito di questi ultimi, già era in uso la lavorazione della carne per le salsicce.

IIl brodo nero degli spartani
Il brodo nero degli spartani

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Il piatto tipico di Sparta era il ‘brodo nero(μέλας ζωμός), uno stufato con  sangue e carne maiale servito con maza, fichi e formaggio, a volte accompagnato da selvaggina o pesce, celebre per la sgradevolezza del suo sapore. Si  narrava che chi, straniero,  aveva avuto modo di assaggiarlo, diceva scherzando di aver capito perché gli Spartani non avessero timore della morte. I contadini potevano avere animali da cortile quali oche e galline e nelle campagne ci si poteva procurare con la caccia, lepri e selvaggina.

Il consumo di carne fresca era spesso accompagnato da rituali che prevedevano sacrifici animali. Riferendoci ancora ad Ippocrate, nella sua dieta la carne non era tra gli alimenti principali e sconsigliava quella di bue, considerata molto indigesta. D’altra parte, anche oggi nella piramide della dieta mediterranea, la carne non ha un posto di rilievo; si consiglia il consumo di due sole porzioni settimanali.

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“Se non c’è carne, bisogna accontentarsi della sardina”. Zenobio

Il pesce era molto diffuso nelle isole e costituiva la base della loro dieta, ma anche della loro economia, con il trasporto e la vendita sulla terra ferma. Le varietà di pesce erano molte; il più costoso era il tonno, mentre il più economico era lo skaren, probabilmente il pesce pappagallo. Altre varietà fra le più pescate e consumate erano le razze, le triglie, il pesce spada, i pesci d’acqua dolce, come tinche, carpe e lucci, nonché diverse varietà di molluschi.

sardine cibo grecia
Foto di DanaTentis da Pixabay

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Uova e latte ma anche oxigala e pyriatè

Chi allevava animali da cortile, aveva anche la possibilità di consumare le uova. Secondo il medico Galeno, le uova erano molto importanti nella dieta delle persone anziane. Le uova di galline e quaglia erano le più consumate, come del resto oggi. Inoltre, anche allora le uova venivano utilizzate come ingrediente per la preparazione di altri cibi, specialmente dolci. Dal latte, bevuto soprattutto nelle campagne, molto meno nelle città, si ricavano formaggi di capra o pecora molto simili agli yogurt, come l’oxigala che si consumava in genere col miele, o il pyriatè, simile alla ricotta.

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Parliamo ora delle bevande

Naturalmente in primis c’era l’acqua, il cui rifornimento era compito delle donne di casa. Pozzi e sorgenti non mancavano e i Greci avevano anche una rudimentale classificazione delle acque. Il medico Ippocrate però sconsigliava di bere acqua semplicemente, consigliando invece di aggiungere un po’ di aceto, per renderla più digeribile.

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Vini rossi, bianchi e rosé

Il vino era una bevanda importante e molto consumata. Già allora esistevano i vini rossi, bianchi e rosé e i vini migliori venivano dalle isole di Taso, Lesbo e Chio. Famoso anche il vino di Creta i cui vitigni, portati in Italia dai veneziani, hanno dato origine alla Malvasia di Candia aromatica, che ha attecchito in modo particolare nelle zone collinari del parmense e del piacentino.

Santorini vino
Foto di Reinaldo Calcano da Pixabay

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Generalmente il vino veniva bevuto allungato con acqua, perché si pensava che bere il vino puro portasse alla pazzia. Probabilmente la gradazione alcoolica dei vini era più alta rispetto a quella di oggi. Basti pensare ai riti delle Baccanti in onore del dio Dioniso, in cui poteva succedere di tutto, anche che ci scappasse il morto.

Nasce qui la prima forma di “Denominazione d’Origine Controllata”

Al vino venivano attribuite anche qualità terapeutiche, cosa alquanto discutibile. Il consumo era riservato agli uomini in quanto si considerava disdicevole che una donna bevesse vino, tranne a Sparta, dove le donne lo potevano bere abitualmente. I vini destinati al consumo personale venivano conservati in otri animali, mentre quelli destinati alla vendita venivano travasati in anfore sigillate. Alcuni vini d’annata erano prodotti da magistrati che ne garantivano l’origine: né più né meno che la nostra Denominazione d’Origine Controllata.

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Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?

  • Dai  testi  ritrovati a Micene è stato possibile ricostruire cosa mangiassero i greci già nel  II millennio a.C.
  • Sia l’ulivo che la vite arrivarono  in Grecia attraverso i Fenici e i commercianti della Siria e  della Palestina
  • Gli ulivi erano protetti da apposite leggi e quelli abbattuti dovevano essere sostituiti

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