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Istat: più coppie sposate, percentuale di nascite in calo

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L’Istat ha rilasciato gli ultimi risultati su natività e fecondità della popolazione italiana residente, risultati che evidenziano una percentuale di nascite in calo. Le ricerche si basano sulle informazioni anagrafiche dell’Italia, prendendo come anno di riferimento il 2016, e principalmente su statistiche di nascite e di matrimoni. Sono dati sorprendenti se analizzati singolarmente, ma le stesse ricerche di un tempo passato ravvicinato lasciano ancora più sorpresi.

I dati relativi alle nascite in Italia

Credits: www.pixabay.com

All’inizio del XX secolo il numero di figli per donna in Italia era di 2.5, sceso a 1.34 nel 2010, successivamente 1.26 nel 2016. Oggi, delle donne aventi già un figlio, solamente il 14% manifesta intenzioni positive all’idea di averne un altro. Nonostante tutto, la famiglia con due figli resta la composizione famigliare più frequente riportata dai residenti in Italia (Istat 2009). In contrapposizione ci chiediamo invece come mai le donne straniere avessero una media di 2.43 figli per donna nel 2010 e 1.97 oggi. Il dato su più ampia scala mostra che nel 2016 in Italia ci sono state 473.438 nascite, più di 12 mila in meno rispetto all’anno precedente (485.780 nascite) e 100 mila in meno rispetto al 2008 (576.659 nascite). Sono dati importanti che sicuramente hanno risposte profonde anche all’interno dell’iter della gravidanza: la contraccezione femminile, le problematiche dovute alla gravidanza, al parto e all’allattamento, la paura di un esito negativo del concepimento o, nei casi peggiori, la morte neonatale, post-neonatale e materna sono fattori che allontanano non solo l’attesa di un secondo figlio, ma addirittura del primo.

La ricerca però, come abbiamo detto, non ha interessato solo il tasso di nascite in calo. Sempre rispetto al 2008 è avvenuto anche un esponenziale calo dei nati all’interno del matrimonio, di oltre 132 mila, raggiungendo solo i 331.681 bambini. Osservando il quadro generale, il 70% dei bambini nasce all’interno del matrimonio, quindi 1 nato su 3 ha genitori non coniugati. Ciò è stato causato dal forte calo dei matrimoni portato avanti fino al 2014, anno in cui sono stati celebrati appena 189.765 matrimoni (57 mila in meno rispetto al 2008). Improvvisamente però, a partire dal 2015 è stato riscontrato un aumento dei matrimoni di 4612 rispetto all’anno precedente, per poi aumentare ancora di 9 mila nel 2016. Il confronto delle statistiche potrebbe essere non coerente, ma in realtà così non è: in Italia il legame tra nuzialità e natalità è ancora molto forte. Dato l’esponenziale aumento dei matrimoni, prime o seconde nozze che siano, ci si potrebbe aspettare prossimamente un ridimensionamento del calo delle nascite.

Sarà un caso che la vertiginosa discesa del numero di nascite sia avvenuta a partire dal 2008? Quanto hanno influito, nella statistica, gli eventi socio-economici che hanno attraversato il Paese negli ultimi anni?

Il parere degli esperti sulla percentuale di nascite in calo

Franz Heins, ricercatore dell’Istituto delle Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha esposto le sue idee a riguardo. Per la continua diminuzione del numero di nati, oltre alle motivazioni precedentemente elencate, bisogna considerare il desiderio nonché l’esigenza di una donna di raggiungere una propria sicurezza economica che, con il precariato odierno, a volte comporta tempistiche troppo durature, superando il periodo di fertilità della donna, rendendo difficile il concepimento di nuovi nati. E nel caso in cui ne avessero già uno, le gravosità economiche e pratiche di avere secondi figli non permetterebbero alle madri di occuparsene e contemporaneamente lavorare. Due stipendi all’interno dello stesso nucleo famigliare a volte non permettono ai genitori di pagare un servizio di baby-sitting o delle strutture che possano occuparsi dei nuovi nati, figuriamoci un solo stipendio.

In Germania e in Francia il livello di fecondità è più elevato anche grazie ai costi contenuti di queste strutture e degli aiuti economici, anche indiretti, come gli sgravi fiscali. Per la mancata attesa del secondo figlio bisogna tenere anche in considerazione motivazioni di salute, per paura della gravidanza e delle responsabilità che comportano averne un altro, e soprattutto l’età di concepimento (Istat, indagine campionaria sulle nascite).

Come una reazione a catena, le stesse motivazioni interessano anche donne che non hanno figli. Ciò nonostante è evidente come tra le donne sia diffusa la consapevolezza che anche una vita senza figli sia degna di essere vissuta, consapevolezza già instaurata ad esempio in Germania dove, anche se le coppie che scelgono di divenire genitori hanno più figli rispetto alle coppie italiane, è più elevato il numero di donne senza figli.

E i matrimoni?

Credits: www.pixabay.com

Importante è l’argomentazione emersa per l’incremento del numero di matrimoni. Premettendo che il 10% si tratti di secondi matrimoni, per lui, per lei o per entrambi, potrebbe anche essere possibile che una coppia di fidanzati si sia unita in matrimonio dopo un lungo periodo di fidanzamento con il solo scopo di ottenere una indipendenza economica. Non bisogna dimenticare inoltre che l’età media del primo matrimonio inizia ad andare di pari passo con la fecondità, aumentando anche il numero di nati al di fuori del matrimonio. Le coppie, dunque, pensano prima ad avere un figlio e poi, qualora fosse possibile un investimento economico consistente, a sposarsi.

Una sola provincia in Italia va controcorrente rispetto percentuale di nascite in calo: Bolzano. Perché in quel territorio la fecondità ha un livello più elevato? L’autonomia dà più libertà di spesa e permette attenzione ai bambini.

È davvero importante prendere consapevolezza del patrimonio culturale, architettonico, artistico e naturalistico in possesso del nostro Paese, ma prima o poi la “vecchia guardia” dovrà lasciare il compito alla “nuova guardia” di amarlo, apprezzarlo e proteggerlo. Non potrebbero essere considerati i neonati parte del patrimonio italiano? Perché non investire su questo.

Giuseppe Carissimo

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